Ho chiamato così il calendario dell’Avvento 2023 presentato quest’anno sui social, un nome un po’ criptico che, però, per me racchiude tutta la bellezza della creatività.
“Contaminazione” è la parola che rappresenta meglio un modo di lavorare – e il mio modo di lavorare – che, ormai, non può essere più solo tecnico: oggi è impossibile limitare la progettazione di un hotel o di un centro benessere alla sola risoluzione di problemi funzionali o distributivi, neanche quando sono accompagnati dalla ricerca di una bellezza estetica.
L’idea alla base del progetto è (leggi “deve essere”) frutto di un insieme di forme di arte che si contaminano tra loro fino a scaturire nella visione che supera di gran lunga le aspettative e qualsiasi standard: il progetto vincente!
È vero, siamo stati abituati da sempre a vedere la figura dell’architetto fondamentalmente come l’esperto di soluzioni pratiche. Eppure, altro che competenze: pare che tutto parta sempre e comunque dall’esperienza dell’imprenditore che coordina e gestisce l’attività sul campo. L’architetto diventa il più delle volte solo il “braccio armato” che, grazie alla sua esperienza, traduce – quando strettamente necessario – le intenzioni di sviluppo di una struttura dal punto di vista pratico.
Il “tecnico”, per l’appunto. Mi viene da ripetere questa parola che ho sempre detestato e che rappresenta un ruolo spesso passivo, per quanto importante per la risoluzione di determinate problematiche.
Cos’ha di creativo un ruolo del genere? Dov’è l’importanza di un lavoro sulle idee e, soprattutto, dov’è il valore aggiunto?
In questo concetto è la risposta a chi mi chiede perché mi presento come Hotel Stylist e non come architetto: una nuova figura professionale che cerca di riportare a galla valori che si stanno perdendo sempre più, come dimostra la mancanza della qualità nel rapporto tra progettista e cliente, lo scarso rispetto per la professione (atteggiamento così diffuso in Italia), fino alla mediocrità della progettazione che oggi viene sviluppata.
L’hôtellerie e il benessere non sono immuni da questa mancanza di valori; ne parliamo in questa sede proprio per capire, invece, come fare perché il progetto di un hotel o di una SPA possano prendere il volo per scalare il successo sul mercato, invece di uniformarsi alla media.
L’ARTISTA
Se chiudiamo gli occhi e pensiamo alla figura dell’architetto nel passato chi vi viene in mente? Michelangelo, Leonardo, Brunelleschi, Borromini…che cosa hanno in comune? Sono degli artisti, e devono la loro grandiosità alla capacità di unire la creatività con la tecnica.
Avviciniamoci nel tempo e scopriamo architetti del calibro di Le Corbusier, Frank Lloyd Wright o Mies Van der Rohe. Decisamente un altro modo di fare architettura, legato ad epoche completamente diverse, ma lo stesso identico, spaccato, preciso modo essere artisti: un’identità che diventa la loro lente per interpretare qualsiasi progetto.
Vogliamo fare un salto in avanti? Ritroviamo lo stesso tratto creativo in architetti del calibro di Zaha Hadid, Frank Gehry, Jean Nouvel, Renzo Piano.
Avete mai avuto modo di sentir parlare, ad esempio, Renzo Piano in qualche intervista? Al di là che possa piacere o meno la sua architettura, con la sua profonda filosofia di progettazione affascina come un incantatore di serpenti! Nel parlare di progetto, le sue parole seducono in maniera così forte che ti senti trasportato all’interno di un vortice fatto di arte, bellezza, musica, poesia, immagini, filosofia, colore. E ti accorgi che non ti ha spiegato come ha deciso la successione degli spazi o perché ha previsto superfici di una certa metratura ma ti ha fatto entrare con il cuore nel progetto per fartelo vivere e capire da dentro, senza doverlo neanche vedere con gli occhi.
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Una volta la prof. di lettere, alla fine del liceo, chiese a tutta la classe cosa volessimo fare da grandi. La mia risposta – ancora me lo ricordo – è stata “voglio fare l’artista”.
Non ho mai cambiato la visione della mia professione anche se, ad essere sincero, fino a qualche anno fa ero reticente a presentarmi come artista. Qualcosa dentro di me percepiva la scarsa considerazione negli altri se mi presentavo in questo modo: quello con le idee campate in aria, estroso ma poco concreto. L’architetto, invece, faceva la figura di quello che ha studiato, quello competente.
Poi, un giorno, una live online con Enrica Mannari – artista, illustratrice e tanto altro, che ringrazio ancora oggi – mi ha aperto gli occhi e da allora non ho più nessuna remora a presentarmi così: io sono un artista e la mia arte è l’architettura.
COME NASCE IL PROGETTO DI UN HOTEL
Un’architettura fatta di visioni frutto di una grande contaminazione tra tutte le arti, di cui mi nutro quotidianamente e che alimentano le mie idee. Da questo nascono i progetti che, in più di un’occasione, ho definito così:
“Il progetto di un hotel è frutto di una possente, immensa e gigantesca contaminazione, figlia di una visione surreale condita da quel pizzico di follia che mi riempie cuore ed anima solo al pensiero, e che è alla base della mia creatività.
L’estro e il genio che ritrovo nell’arte, nel cinema, nella musica, nella fotografia, nella poesia, nella moda, nel colore – ma non solo – si sovrappongono in un insieme armonico ma apparentemente casuale, dal quale si generano le idee.
Numerosi stimoli esterni all’architettura si inseguono finché gli occhi guardano oltre il foglio di carta, la mente lascia lo spazio fisico e la matita comincia a disegnare il futuro!
Sì, proprio il futuro, perché il progetto non è altro che la rappresentazione di qualcosa che verrà e che, al momento, vive solo nell’immaginazione”
Sottoscrivo nuovamente ogni parola, a cui lascio il compito di spiegare esaurientemente ciò che stiamo cercando sin dall’inizio in questo articolo: la definizione del progetto di successo di un hotel o di un centro benessere.
È tutto qui, nel saper collegare i puntini, nel poter rubare con tutti i sensi i valori artistici di cui è pieno il mondo, nel saper leggere tutti gli stimoli, mescolarli in una gigantesca contaminazione emozionale, per poi trovare l’idea che permette al progetto di volare verso il futuro.
E la tecnica? Ben venga quando è lo strumento per rendere concreta la visione artistica, il concept e le idee.
Sì, alla fine sono molto preparato come architetto, con un’interessante esperienza di studio e di cantiere e un approccio volto a risolvere sempre i problemi che si presentano nella realizzazione delle opere.
Ed è proprio per questo che posso affermare che la tecnica senza la visione porta inevitabilmente al risultato così diffuso sotto i nostri occhi: valanghe di progetti standardizzati che nascono per dare all’ospite ciò che si aspetta, ma niente più; pur eleganti (…a volte), sono senz’anima, senza cuore, senza vita. C’è da sorprendersi che, alla fine, non riscuotono successo e che mezzo settore continua a lamentarsi?
Se vuoi approfondire questo approccio, ti piaceranno sicuramente un paio di articoli veramente interessanti che avevo scritto qualche tempo fa:
“Come nasce il progetto di un hotel”
Uh, chissà come mai qui parlavo già di contaminazione…
“Come nasce il progetto di un hotel/2”
Se sei tra quelli che hanno paura che il discorso sia attraente ma pericolosamente diverso dall’approccio “normale”, aspetto una tua e-mail [mail@stefanopediconi.it] per parlarne senza impegno: è affascinante anche confrontarsi…potrei sorprenderti!