“L’approccio di Stefano Pediconi alla progettazione di hotel e SPA è nuovo, non convenzionale, e punta all’eccellenza e alla qualità intese come ingredienti basilari per il successo di un’attività proiettata nel futuro”
Intervista a cura di Antonia Zanardini
pubblicata su Turismo D’Italia n°27, giugno 2016
Quella di Stefano Pediconi è senza dubbio una voce fuori dal coro. Ma quando l’esperienza e l’attività di ricerca, intraprese per passione, illuminano la strada che porta verso il futuro del benessere e dell’hôtellerie, non puoi non seguirla, anche se le proposte, poi, si rivelano non convenzionali.
È questo il percorso che segue instancabilmente Stefano Pediconi, un percorso che inevitabilmente porta all’innovazione, chiave del successo dell’attività di una SPA o di una struttura ricettiva. Un approccio diverso, che va compreso e amato e che passa dalla professione di architetto, hotel designer, hotel stylist, artista e blogger, “assetato” di cultura del benessere e dell’ospitalità.
D- Quando hai cominciato a occuparti di progettazione alberghiera?
R- Amo da sempre il mondo dell’hôtellerie e questo mi ha portato ad indagare il settore ben oltre gli aspetti professionali, tanto che, detto tra noi, gestire una struttura ricettiva è uno dei miei sogni nel cassetto.
Sono entrato in hotel ancora prima della laurea in architettura, facendo rilievi di strutture ricettive per conto di una società di ingegneria. Poi ho avuto l’occasione di lavorare in uno studio che aveva come clienti Valtur e Pierre & Vacances e mi sono fatto le ossa seguendo diversi progetti sia per l’Italia, sia per l’estero. Ma non mi bastava: ho così intrapreso la mia attività professionale lanciandomi nella ricerca, nello studio e nell’approfondimento dei trend alberghieri, cominciando a guardare al futuro, alle nuove idee e all’innovazione.
Il benessere poi è nato come naturale appendice del lavoro nel settore ricettivo.
Quindi, grazie anche alla collaborazione con Wellness Design, ho intrapreso la strada della formazione e ho sperimentato nuove soluzioni, progettando mostre ed eventi nelle principali fiere, fino a diventare blogger un paio di anni fa: un lavoro parallelo all’attività professionale che mi entusiasma e mi permette di condividere le mie idee confrontandomi con chi desidera partecipare alle discussioni.
Purtroppo, fatico moltissimo a far capire il peso di una specializzazione in progettazione alberghiera agli stessi imprenditori che, spesso, non conoscono questo ruolo. Solo la profonda conoscenza del complesso mondo degli hotel e lo studio del settore permette di avere una visione chiara per affrontare il prossimo futuro. Questo è il valore della specializzazione, ancora più importante nel wellness, forse, dove l’impreparazione professionale è molto più evidente.
D- Quale il tuo approccio alla progettazione alberghiera e quali gli elementi che più spesso ricorrono nei tuoi concept?
R- Se dovessi definire con una parola il mio approccio alla progettazione alberghiera e del benessere, potrei utilizzare “non convenzionale”. Oggi il settore ha bisogno di novità, soprattutto in Italia, dove non si può prescindere dalla qualità e dall’innovazione per restare al passo con le realtà internazionali e per soddisfare le nuove esigenze degli ospiti “globali”.
L’attività di ricerca a supporto di quella progettuale è una parte importante del mio lavoro di hotel e SPA designer.
Tra i miei progetti di ricerca più emblematici, sviluppati per il settore alberghiero, c’è la Wellness Room, progetto di una camera di hotel concepita per il benessere dell’ospite: i materiali, gli isolamenti, la progettazione dello spazio, lo studio del colore, la qualità del riposo, tutto è studiato per contribuire a far sentire l’ospite a proprio agio.
L’ultimo progetto di ricerca sviluppato riguarda il ruolo dell’Hotel Stylist, una figura professionale che grazie alla propria conoscenza del mondo dell’hôtellerie, attraverso lo studio della percezione dell’ospite e anche con budget limitati, riesce a risolvere le criticità e a valorizzare i punti di forza di un albergo, senza dover stravolgere la struttura.
È infatti indispensabile proporre novità agli ospiti perché permette all’hotel di imporsi nuovamente sul mercato. L’approccio dell’Hotel Stylist consente di raggiungere questo obiettivo senza dover vuotare il portafogli: un lavoro importante perché, pur aspettando tempi più fecondi, nessun albergo può chiudersi nella staticità, che risulterebbe distruttiva.
D- Come declini il wellness in hotel?
R- La sinonimia tra ospitalità e benessere è l’unico dogma della mia professione: ospitalità “è” benessere, non c’è alternativa. Inutile parlare “solo” di wellness in hotel: è, invece, fondamentale concepire qualsiasi albergo come struttura per il benessere dell’ospite, a prescindere dai servizi legati più o meno all’acqua.
Benessere non è soltanto SPA…e non è solo vasca idromassaggio o bagno turco. Eppure, quando sostengo queste idee, che hanno dato vita a progetti diversi (come ad esempio il primo centro benessere antiaging a servizio di una farmacia, realizzato a Ciampino), vengo considerato come un alieno, perché si è abituati a pensare in maniera stereotipata.
Invece, l’ospite va sorpreso ed emozionato! Immaginiamo di proporre in hotel un centro benessere ai clienti: dov’è la novità accattivante se presentiamo gli stessi percorsi che l’ospite è abituato a trovare sotto casa? Unicità e distinzione sono diventate caratteristiche imprescindibili, sia per l’hotel, sia per le SPA.
Tornando al wellness in hotel, la strada è allargare la mente affinché tutta la struttura alberghiera profumi di benessere, il che permetterebbe di raggiungere l’obiettivo più importante: offrire all’ospite una vera esperienza.
Tra gli aspetti su cui mi piace lavorare, quello della percezione dello spazio è uno dei principali: ognuno di noi è influenzato dalla distribuzione e dalla conformazione dello spazio in cui si trova. Il mio obiettivo è quello di creare, con una serie di accorgimenti progettuali, uno spazio di recupero in cui l’ospite possa sentirsi appieno a suo agio.
Questi studi, fondamentali per il lavoro dell’Hotel Stylist, sono frutto di progetti di ricerca sulla psicosomatica dello spazio che ho avuto la fortuna di approfondire per la Wellness Room e che hanno segnato il mio lavoro.
D- Quali rapporti riesci a instaurare con la committenza? Li trovi aperti verso nuovi format?
R- Malgrado tutti manifestino le esigenze di un cambiamento radicale nel settore alberghiero, la voglia di mettersi in gioco è molto bassa: c’è poco coraggio a sperimentare nuovi format e l’approccio continua ad essere quello tradizionale che, sebbene abbia ben funzionato in passato, oggi risulta inadeguato.
È veramente un peccato, e per l’amore assoluto che ho per l’hôtellerie, il rammarico di rimbalzare troppo spesso su un muro di gomma è altissimo.
In Italia si crede poco nelle idee. Malgrado la fama di creativi che gli italiani hanno nel mondo, l’idea è l’ultima cosa che viene considerata in un processo progettuale, con il risultato che il progetto si riduce troppo spesso ad un’affannosa operazione di riempimento degli spazi.
In Francia, ad esempio, dove lavoro da diversi anni, l’idea è la prima cosa. D’altronde, la stessa definizione di concept sarebbe “proposta progettuale necessaria a definire gli elementi fondamentali di un progetto, che ne fornisce le basi per la realizzazione”. Perché non prenderlo in considerazione?
E su queste cose, il settore del benessere è ancora peggio dell’hôtellerie.
D- A quali progetti stai lavorando attualmente? Progetti futuri?
R- Sto seguendo il progetto di un paio di centri estetici e benessere, oltre ad occuparmi di design di arredi o elementi per le SPA per conto di una nota azienda di settore.
Tra i progetti più interessanti in fase di completamento c’è la ristrutturazione di un piano camere dell’Hotel Lido degli Scogli di Crotone. Grazie alla lungimiranza dell’intera famiglia proprietaria della struttura, all’eccellenza del ristorante – già noto in tutta la zona per l’alta qualità – si sommerà la particolarità della parte alberghiera: sarà una traduzione tangibile del concetto di distinzione e unicità
È poi in procinto di partire a Terracina l’ampliamento dell’Hotel Casa Yvorio in chiave totalmente green. Realizzeremo un eco-hotel passivo, del quale esiste un solo esempio in tutta Italia.
Parliamo di poche stanze, a dimostrazione che non è necessario avere grandi numeri per poter fare le cose in un certo modo, ma serve un nuovo approccio, che punti all’eccellenza e alla qualità come ingredienti fondamentali per il successo di un’attività proiettata nel futuro.
2 commenti
Buon giorno.
Leggo con interesse e condivido a pieno il concetto dell’importanza e del valore della specializzazione in determinati ambiti. Inoltre confermo che i committenti, o chi per loro, sono restii alle novità e ai nuovi format sia a livello progettuale che anche operativo in quanto non hanno una visione così ampia come magari l’hanno i professionisti specializzati che viaggiano su continue ricerche di mercato approcciandosi continuamente a più realtà.
Ho altrettanto rilevato, però, che nonostante la caparbia dei committenti a richiedere sempre gli stessi format, per quanto mi riguarda format operativi (modus operandi), alcuni sono aperti all’ascolto. In questi casi gioca tanto, tantissimo, la comunicazione. Pesa molto il modo in cui si espongono nuovi concetti, nuove idee, nuovi approcci al mercato, conta la comunicazione non verbale e l’immagine che si conferisce. Il nuovo format(progettuale o operativo) deve essere sì condiviso, ma allo stesso tempo l’idea del format è una visione che deve essere accettata cosi per come la si propone. E’ una visione che va venduta al committente per renderlo appetibile rispetto ad altri competitor e questo è un aspetto imprescindibile per chi si affida a professionisti specializzati pronti a far delle richieste dei committenti, nuovi modelli di Business.
Autore
Un committente aperto all’ascolto è un cliente evoluto che non ha problemi a sposare una visione che orienta la sua attività al futuro. Tuttavia, è più raro di quanto sembri, ed anche quando il committente si rivolge al professionista specializzato, spesso non riesce ad affidarsi completamente.
Purtroppo, la sfiducia dipende dalla superficialità e dall’improvvisazione che si trova in giro, a cui è possibile fare fronte solo a colpi di qualità e cultura