Eccoci tornati da Milano, la settimana più creativa dell’anno. Quale occasione migliore per trarre gli spunti più importanti su cui orientare la progettazione di hotel e centri benessere?
È questa la chiave di lettura dell’articolo che ti invito a leggere, una nuova opportunità per parlare di concept, idee, alberghi e SPA: vediamo cosa ci insegna la Design Week, stavolta.
DESIGN WEEK 2022
Come ogni anno, girare per Milano è stata un’ammazzata: tantissimi eventi da visitare, sparsi in diversi “Design District”, per non parlare del Salone del Mobile a Rho. Insomma, come sempre un paio di scarpe da buttare!
Non c’è stato il “solito” tutto esaurito ma è stato veramente un piacere tornare a vedere Milano comunque piena di gente appassionata di design e innovazione, oltre ogni aspettativa. Una platea sempre più internazionale che, tuttavia, mi lascia sempre il solito interrogativo: dove sono i professionisti italiani? Soprassediamo…
È stato sicuramente importante poter discutere di creatività: ritengo che il valore più alto di una trasferta a Milano per la Design Week sia dato dall’opportunità di rimettere in moto il cervello!
Non sono le singole proposte, per quanto interessanti, ad essere importanti: è tutto ciò che innesca un meccanismo di pensieri a catena che prendono spunto da ciò che si vede, per poi liberarsi nell’aria ed arrivare a soluzioni magari attinenti ai progetti in corso o a nuove idee per lo sviluppo di un futuro percorso.
TRADURRE IL CONCEPT
In realtà, se proprio dovessi fare una sincera analisi generale, ho trovato tanti oggetti e poche idee. Tante interessanti articoli ma poche installazioni realizzate intorno ad un concept coerente.
Questo dimostra una tesi che stiamo portando avanti da tanto tempo: tradurre un concept è sempre molto difficile, che si tratti di una mostra, di un progetto, dell’offerta un hotel o del percorso in una SPA.
Non sempre basta avere un’idea, anche se [frecciatina…] nell’hôtellerie in molti casi già sarebbe un ottimo punto di partenza!
La difficoltà è cercare di interpretare un’idea attraverso soluzioni che la rendano comprensibile ed esplicita. A volte, questa interpretazione è talmente libera che, senza una spiegazione, rimane oscura a tutti. Finché si tratta di arte o di design non c’è limite nella “licenza” dell’artista: abbiamo tutti negli occhi grandi opere d’arte contemporanea che, a guardarle – ma anche a voler entrare nel merito con la mente più aperta possibile – non riusciamo a dare alcun significato.
In hotel e nei centri wellness, però, il problema si fa più delicato: il concept, infatti, deve guidare l’ospite ed evidenziare tutte quelle caratteristiche di unicità che portano la struttura a differenziarsi sul mercato. Più è oscuro il concept, peggio è interpretato, più sarà invisibile agli ospiti e tutti gli sforzi di incentrare l’attività su un’idea portante saranno stati vani. Ancora peggio è quando le idee vengono sviluppate solo a livello di marketing, perché creano una confusione e uno scollamento tra la realtà percepita degli ospiti e l’intero apparato della comunicazione.
NON BASTANO LE PAROLE
Facciamo qualche breve esempio pratico: immaginiamo di navigare su internet alla ricerca del prossimo albergo dove soggiornare. Magari, tra le tante, troviamo una struttura che ci invita a vivere una vacanza, immersi nella musica come carattere distintivo: cosa ci aspettiamo? Sicuramente qualcosa di particolare, incuriositi dalla proposta. Ma se trovassimo solo camere “standard” che si chiamano, ad esempio, con i nomi di compositori di musica classica e niente altro, saremmo soddisfatti? O ci aspetteremmo di più?
Così come se l’hotel si vendesse come “pet friendly” non ci immagineremmo qualcosa di più che una ciotola fatta trovare in camera?
Lo stesso discorso vale per i centri benessere: posso ritrovarmi in una classica SPA con i “soliti” servizi se, invece, ho scelto una struttura perché, ad esempio, il messaggio trasmesso era quello di “fermare il tempo”, ben più interessante?
Come contribuisce il progetto a tradurre il concept e le idee?
Non bastano le parole: la capacità di un progettista è quella di trovare l’elemento chiave che riesca a rendere tangibile l’idea.
Per questo motivo, la parte più importante del progetto è quella dello studio di fattibilità: proprio in questa fase vengono messi tutti gli obiettivi sul tavolo così da riuscire a giungere all’idea chiave, motore della futura attività.
L’HOTEL STYLIST
È un lavoro tutt’altro che facile ma è proprio quello che racchiude in sé il successo di un’attività.
Una volta trovata la chiave di volta e tradotta con il progetto, questo diventa un incredibile strumento per l’intera attività dell’hotel o della SPA: da questo nasce lo spunto per incentrare tutto il marketing della struttura.
Diventa motore per vendere una proposta unica che possa distinguersi sul mercato.
È lo spunto intorno al quale creare una comunicazione forte e moderna attraverso le migliori (ed imprescindibili) tecniche di storytelling.
È il lavoro dell’Hotel Stylist: idea, progetto, studio dell’immagine, comunicazione.
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Ed è quello di cui hanno bisogno sia hôtellerie, sia benessere: un ruolo nato non solo per differenziare una professione troppo tecnica come quella dell’architetto, ma soprattutto per soddisfare un bisogno imprenditoriale molto forte.
È la risposta professionale sia per risolvere i problemi di diventare unici, appetibili, diversi e forti sul mercato internazionale, sia per raggiungere i sogni di riportare le attività ai meritati fasti di una volta, crisi o non crisi.
E, in tutto ciò, è l’approccio creativo – stavolta alimentato dagli spunti della Design Week – che permette di prendere le questioni da angolazioni differenti per le quali, però, è necessaria l’umiltà di cambiare punto di vista.
“Se continui a fare quello che hai sempre fatto, continuerai ad ottenere ciò che hai sempre avuto” [Warren G. Bennis]
THE WINNER IS…
Con grande sorpresa, quest’anno ho trovato il Tortona District (in sordina nelle ultime occasioni) migliore di Brera, nell’eterna gara a chi si aggiudica il premio di miglior distretto di design.
Nelle mie passeggiate, ho puntato al colore, che ha contraddistinto parecchie installazioni, a testimonianza che tutte le osservazioni che abbiamo sollevato ormai da tempo sull’importanza del colore nella vita di oggi è una consolidata realtà (malgrado tutti abbiano paura ad osare oltre la propria zona di comfort, soprattutto nelle proprie case).
Anche in questa occasione, la mia Design Week ha un vincitore: nell’installazione di Luis Vuitton “Objet Nomades” in zona Montenapoleone ho trovato la migliore atmosfera, i più bei colori e un senso di benessere dato dall’insieme, che ha evidenziato un’eleganza superlativa.
Aggiudico un secondo posto ad un’altra interessante installazione presentata da Truly Design a via Tortona, e anche qui il colore e l’ideazione di un’immagine anamorfica ha pesato fortemente nella scelta.
Un’edizione che mi ricorderò molto bene, che mi ha regalato una bella settimana di isolamento per Covid al rientro che avrei evitato molto volentieri. Ma tutto è bene ciò che finisce bene…
Photo @kitduncanphoto